Come spiegarlo ai bambini e come affrontare la chiusura delle scuole
Essere genitori nel 2020 non è
facile di per sé, tanto che quei pochi, eroici o folli che dir si voglia, che
fanno ancora figli, si devono barcamenare con ritmi frenetici tra carriera e gestione
familiare. Ma il lavoro diventa sempre più incerto, creando a catena instabilità organizzativa e affettiva
all’interno delle famiglie.
Siamo ai tempi della “Società Liquida” come direbbe Bauman e
quindi tutto evolve così rapidamente
da creare confusione, soprattutto in giovani menti in attesa di conoscere il
mondo. Il compito educativo quindi acquista una complessità sempre crescente e
deve stare al passo con i tempi: la
tecnologia diventa spesso la panacea di tutti i mali, come strumento e
risoluzione di problemi sociali, in cui la chiusura relazionale aumenta anziché
risolvere il problema.
In tutto questo si innesca il CORONAVIRUS a mettere ancor più alla
prova genitori esausti e a corto di soluzioni.
Le scuole chiudono in
tutta Italia e i genitori si trovano a dover gestire un’emergenza che non è solo
di natura sanitaria, ma logistica: dove
metto i miei figli?
E giù con telelavoro, homeworking e
smartworking, che dir si voglia: quindi a casa con i pargoli. Ma come impiegare il tempo? Quali attività
svolgere? Come riuscire a lavorare in casa nella confusione dei bambini? E
soprattutto come far loro capire l’importanza della cosa senza spaventarli?
COME PARLARE AI BAMBINI DEL CORONAVIRUS
Entriamo nello specifico di cosa fare, con alcuni consigli:
COME AFFRONTARE IL TEMPO INSIEME
Consigli pratici su cosa fare per gestire questa
emergenza nel miglior modo possibile:
E la vita di relazione?
POSTFAZIONE
COME PARLARE AI BAMBINI DEL CORONAVIRUS
Siamo bombardati dai media che divulgano informazioni
allarmanti su questo Virus che si diffonde rapidamente e che uccide le persone.
La vita di tutti i giorni viene sconvolta e le abitudini cambiano. Addirittura
chiude la scuola, che è il segnale tangibile di un cambiamento nella routine
quotidiana di un bambino.
Ricordiamoci che i bambini sono piccoli ma osservano e
comprendono, quindi urge una spiegazione
che sia chiara e vera. Le informazioni devono essere filtrate in base
all’età, in modo che possano essere comprensibili e fruibili, senza un’inutile
esposizione a immagini e notizie non adatte al loro livello di
comprensione.
Sono i genitori e non la tv o la rete, che devono parlare e
spiegare ai figli cosa sta succedendo. Essere bambini
vuol dire dipendere quasi totalmente dai genitori: è una condizione particolare
che nel corso della vita non si ripeterà più. Quindi bisogna essere consapevoli
che i figli vivono gli stati emotivi dei
loro genitori e filtrano il mondo attraverso loro, diventando estremamente
permeabili alle loro ansie e paure. Allo stesso tempo la presenza dei genitori
è un elemento rassicurante che codifica il mondo e lo spiega nel suo dipanarsi.
Entriamo nello specifico di cosa fare, con alcuni consigli:
1.
I bambini
vivono del loro mondo di fantasia,
per questo bisogna utilizzarla per
le spiegazioni più difficili. La prima reazione che gli adulti hanno quando i
bambini hanno paura del mostro, è dire che non esiste e che devono stare
tranquilli. Questo non conforta il bambino perché vive nel suo mondo fantastico
in cui il lupo o mostro che dir si voglia, esiste realmente come la sua paura.
Quindi bisogna entrare nel loro mondo e sconfiggere il mostro, non negarne
l’esistenza.
Allo stesso
modo dobbiamo spiegare quello che sta accadendo, usando un linguaggio
comprensibile.
Quindi il virus può essere paragonato ad un mostro che dissemina suoi mostriciattoli in
giro. Medici, ricercatori, scienziati, infermieri e forze dell’ordine
stanno cercando di sconfiggerlo. Loro sono i buoni e i buoni vincono sempre. Noi siamo dalla parte dei buoni e dobbiamo
aiutare i nostri supereroi non diffondendo il virus e rispettando le oramai note
norme igieniche.
Ponendo
l’enfasi sul processo, ossia cosa si sta facendo per sconfiggere il virus, si
ridimensiona la paura delle sue conseguenze.
2.
Non mentire ai bambini, ma
dire sempre la verità, in modo tale che la possano capire. Soprattutto in
situazioni di emergenza, quando le certezze vacillano, è importante per i
bambini avere informazioni che siano
coerenti con ciò che accade, altrimenti si sentiranno presi in giro, o
peggio traditi da chi avrebbe dovuto rassicurarli.
E’ pensiero
comune che sia meglio non raccontare la verità ai bambini perché sono piccoli e
vanno protetti. Ma, come dico sempre, i bambini sono piccoli ma non sciocchi,
quindi si muovono nel mondo dei grandi e osservano ciò che avviene.
Se non hanno
una spiegazione dall’adulto, si costruiscono una verità che può essere ancora più
spaventosa del reale, soprattutto perché non viene mediata dall’adulto, che
dovrebbe avere una funzione rassicurante.
3.
Non farsi cogliere
dai bambini spaventati e allarmati.
Un bambino per sentirsi sicuro ha bisogno di stare con un adulto in grado di
trasmettere affetto e padronanza. Se i bambini notano incongruenze, si chiedono
se fanno bene a credere all’adulto, se possono fidarsi di lui.
La
fiducia è indispensabile per dare sicurezza.
La coerenza è
fondamentale per i bambini, dona stabilità ed equilibrio. Messaggi incongruenti
generano confusione e quindi paura.
Come dicevamo,
i bambini vivono di stati emotivi degli adulti, quindi bisogna mostrarsi capaci
di poter fronteggiare la situazione contingente.
Non nascondere
le preoccupazioni, perché vorrebbe dire negare un’emozione che comunque arriva
al bambino come segnale discordante, ma affrontarle con cognizione di causa.
I bambini vanno educati all’emotività sana,
che deve poter circolare in famiglia, senza creare allarmismi.
Un esempio: ci
può essere la mamma preoccupata che non può lavorare perché l’epidemia ha
bloccato il suo settore, ma quella mamma farà anche capire al suo bambino che
troverà una soluzione. Solo così i bambini si fidano dei grandi e imparano a
leggere le emozioni che emergono nel quotidiano.
4.
Scegliere 1 o 2 momenti al giorno in cui aggiornarsi,
in modo tale da fornire spiegazioni comprensibili e rassicuranti, mettendo in
evidenza gli aspetti positivi.
La sovraesposizione a stimoli allarmanti
non facilita un’elaborazione sana.
L’informazione è continua e va filtrata
oltreché spiegata.
Se decidiamo di mantenere la tv accesa con
il Tg durante il pranzo, dobbiamo anche essere disposti a dialogare con i
nostri figli e interpretare ciò che viene visto.
Il dialogo
è sempre lo strumento principale
che un genitore deve mantenere con il figlio, Coronavirus o no, non
dimentichiamocelo.
5.
Utilizzare in positivo ciò che avviene, facendo
leva sul tempo regalato per stare
insieme, in modo tale che i bambini ne colgano i benefici più che il
disagio.
Certo un virus che può essere letale non ha
niente di positivo, ma le misure messe in atto per arginarlo, potrebbero
esserlo.
Orientarsi quindi a creare un clima ludico,
in cui i bambini si sentano coinvolti in una emergenza che diventa divertente e,
in quanto tale, li rasserena.
Ogni
bambino vive del contatto con i genitori, che sono il loro mondo: non
baratterebbero mai il tempo con loro con altro, quindi avere a disposizione un
tempo aggiuntivo, non può che renderli felici. Partiamo da questo e
organizziamo il tempo.
6.
Evitare un eccesso di rassicurazioni, che invece che placare le paure potrebbero amplificarle. Quindi ridimensionare la cosa con comunicazioni
asciutte e limitate, quel tanto che basta per dire ai più piccoli come sarà la
loro vita: non andranno a scuola, staranno in casa, potranno fare dei giochi,
fare un po’ di compiti, leggere ed eventualmente incontrare in casa altri
bambini.
Insomma,
comunicazioni pratiche che aiutano i bambini a placare la paura con gesti concreti che richiamano alla normalità.
7.
Infine sdrammatizzare un po’ per allentare la
tensione, magari con i figli più grandi, commentare insieme i tanti meme
che circolano sulla rete che possono essere molto simpatici, ma alcune volte
anche fuorvianti o addirittura fakenews.
Quindi sdrammatizzare, ma anche controllare
l’informazione che arriva ai ragazzi attraverso i social, non sempre
veritiera. La regola del dialogo vale per i piccoli, ma anche per i grandi.
Avere la possibilità di accedere alla
loro gestione dei social è estremamente importante perché consente di poter
affrontare l’argomento nel momento in cui ci siamo informazioni errate o addirittura
dannose.
Concludo con un meme che mi ha
fatto particolarmente ridere, dato l’argomento che stiamo trattando: “Scommettiamo che se continuano a tenere chiuse
le scuole, il gruppo WhatsApp delle mamme trova il vaccino?”
COME AFFRONTARE IL TEMPO INSIEME
I bambini vivono il restare in casa
come un’esperienza ludica di vacanza, ma cosa si fa se di vacanza non si tratta?
Infatti le direttive dicono che gli
studenti di ogni ordine e grado continueranno la didattica a casa, con un programma di compiti che insegnanti e
professori invieranno agli studenti attraverso vari canali telematici.
La scuola impone ritmi e abitudini
consolidate, che danno regolarità e
permettono di ottimizzare i tempi. Il primo errore da non fare infatti è non
strutturare il tempo, come se fosse vacanza.
La vacanza ha caratteristiche ben
precise, orientate allo svago e al tempo libero, venendo meno la routine legata
agli impegni sia scolastici che lavorativi.
Nel nostro caso viene meno la routine scolastica e lavorativa, ma non
gli impegni legati ad essa. Quindi si dovrebbe continuare a lavorare e
studiare, pur stando a casa.
Detta così sembra cosa facile, ma
chi ha dei figli sa che mettere in pratica queste buone intenzioni non è poi
così semplice.
Lo so che il primo pensiero che
alla maggior parte dei genitori balena alla mente è: “Mi faccio aiutare dalla tecnologia e li piazzo davanti a smartphone e tablet, così sono in
silenzio e posso mettermi a lavorare”.
Purtroppo questo è l’errore
peggiore che potremmo fare, perché renderli innocui per dedicarsi al lavoro,
non risolve il problema, ma probabilmente ne crea uno ancora più grosso da
gestire. O meglio, sicuramente risolve il problema contingente, cioè avere la
tranquillità per lavorare, ma aliena fortemente i bambini, creando
comportamenti problematici su vari livelli.
A questo punto è doverosa una
digressione, dato che molti sicuramente pensano a questa opzione come ad una
soluzione valida.
La tecnologia aiuta, ma ha i suoi limiti. E poi, quello che spesso
non si dice è che la tecnologia è una questione per grandi e che i bambini possono iniziare a utilizzarla solo ad
una certa età, per gradi, sotto la supervisione degli adulti e nei tempi
giusti.
Oramai si sa che una
sovraesposizione porta ad una chiusura relazionale. Ma purtroppo non è solo
quello il problema: una precoce esposizione alla rete produce ritardi nello sviluppo psicomotorio, non tolleranza delle
frustrazioni, difficoltà di attenzione, conseguenti problemi comportamentali e
spesso addiction o dipendenza che dir si voglia.
Nella pratica clinica ho visto
troppi casi di bambini che maturavano ritardi nello sviluppo e disturbi
comportamentali. Come quei bambini che non sviluppavano il linguaggio perché a
pochi mesi di vita venivano messi davanti al telefonino. Giustamente il loro
mondo relazionale, iniziava e finiva con quello strumento totalizzante che escludeva
tutto il resto. Non avevano bisogno di sviluppare il linguaggio: con la mamma avevano
un rapporto a priori, anche se basato su una comunicazione primitiva - comunque
inadeguata all’età. Verso i pari non mostravano interesse, perché la loro vita
di relazione si basava sulla visioni di video di vari tipi. E così le tappe
evolutive non venivano rispettate, lasciando il bambino completamente indietro.
Di solito è la scuola che poi
segnala una problematica nel momento in cui il bambino non accetta le regole
sociali, abituato a gestire tutto da solo, in un parossismo di onnipotenza, in
cui con un click può tutto.
Ma ciò diviene un abbaglio troppo
grande, da cui il bambino non sa avvedersi da solo. Ha bisogno della guida
esperta dei genitori che lo aiutino ad orientarsi.
Ho visto bambini drogati di video e videogiochi, i cui
interessi venivano talmente ristretti, da non desiderare altro.
E lo so che il pensiero che i
genitori farebbero a questo punto sarebbe: “Ok,
ma mio figlio mica lo utilizza così tanto da arrivare a quei livelli?”.
Partiamo dal presupposto che il
concetto di tanto e poco può essere relativo, ma anche quel poco può
danneggiare i bambini.
I bambini devono imparare
analogicamente la vita prima di passare a quella digitale: quindi imparare a
parlare, interagire con gli adulti e poi con i pari, giocare, tollerare le
frustrazioni, lavorare su progressive autonomie, acquisire la letto scrittura e
poi apprendimenti sempre più complessi con la scuola. Solo dopo andrebbero
introdotti strumenti digitali sotto la guida adulta.
Certo che oggi, il Coronavirus ci costringe a casa, quindi la tecnologia ci aiuta, anzi è il solo mezzo che ci connette e relaziona.
Quindi utilizziamo bene il cellulare, sempre sotto controllo dei genitori e per le videochiamate a nonni, amici, parenti, per giocare insieme pur nella lontananza fisica. Utlizziamolo come mezzo per connettere vite reali e non come rimedio-baby sitter.
Certo che oggi, il Coronavirus ci costringe a casa, quindi la tecnologia ci aiuta, anzi è il solo mezzo che ci connette e relaziona.
Quindi utilizziamo bene il cellulare, sempre sotto controllo dei genitori e per le videochiamate a nonni, amici, parenti, per giocare insieme pur nella lontananza fisica. Utlizziamolo come mezzo per connettere vite reali e non come rimedio-baby sitter.
Relegarli alla compagnia dell’amico
tablet, vuol dire esporli ad un rischio
di crescita malsana, anche se ci si dice che è temporaneo ed è solo per
gestire l’emergenza, si deve sapere che innescherà comunque un meccanismo di
ricerca che cambierà la prospettiva delle cose.
Utilizzo un paragone forte, ma non
penso che sia sbagliato: come se facessimo provare dell’eroina ad un adulto,
che proverebbe un piacere talmente intenso quanto alterato, da continuare a
ricercare quella fonte di piacere.
Ok, spero di avervi terrorizzato
abbastanza da escludere questa opzione.
Quindi dopo che abbiamo visto tutto
ciò che non va fatto, ora vediamo cosa fare.
Consigli pratici su cosa fare per gestire questa
emergenza nel miglior modo possibile:
1.
In primis, come
antefatto, definiamo il tempo che
c’è a disposizione: sicuramente ce ne è un
surplus da passare insieme. Invece che subirlo possiamo utilizzarlo per viverlo
come un dono per fare quello che non
si riesce mai a fare nel quotidiano.
Le
caratteristiche che questo tempo deve avere sono di natura giocosa e improntate
alla condivisione. Si devono
condividere gli spazi più del dovuto, quindi bisogna trovare insieme nuove strategie
e modi di fare. I bambini vanno coinvolti nell’organizzazione affinché
l’emergenza diventi un’avventura all’interno dello spazio domestico che apre
orizzonti di scoperte insolite, da affrontare tutti insieme.
2.
Passare poi a strutturare subito una nuova routine. Sappiamo che la regola tranquillizza perché aiuta a organizzare il tempo dei
nostri bambini e li toglie dalla confusione e dall’ansia di gestire ciò che per
loro è troppo complesso.
La nuova
routine che dobbiamo creare deve essere basata su questa situazione di
emergenza, ma che non deve far sentire in emergenza.
Quindi la prima
regola è darsi un orario per svegliarsi
e per andare a dormire la sera, dato che la giornata deve essere comunque
produttiva. Ci deve essere un orario che definisce il tempo per il lavoro/studio, al cui termine si
può pensare allo svago.
Avere tutta la
giornata a disposizione non vuol dire passare un tempo confuso che non mette
limiti. Anche la gestione dello spazio è
importante. Non si ha la classe o l’ufficio, ma ci si può dividere nelle varie stanze, utilizzando le porte chiuse per
delimitare spazi funzionali.
Ipotizzo una
casa tipo, in cui mamma e papà utilizzano il salone o studio come luogo di
lavoro e i bambini la loro camera.
Ma prima di
dividersi nelle stanze, mamma o papà
devono fare un po’ i maestri: verificare i compiti e suddividerli nei tempi
giusti, dare eventuali spiegazioni e poi arrivare alle consegne.
Infine porte
chiuse e zero distrazioni per concentrarsi sul da farsi.
Una tale
procedura responsabilizza i più
piccoli e li abitua al rispetto del proprio e altrui lavoro.
3.
Se non siete
tra quelli che beneficiano del lavoro da casa e naturalmente avete nonni e familiari a disposizione, si può
chiedere il loro aiuto. Inutile dire
che si devono sottolineare le norme igieniche che permettono di tenere lontano
il virus.
4.
Siccome non si può uscire e la primavera avanza, utilizziamo qualsiasi spazio all'aperto che sia privato e non in comune con altri, come un balcone, un terrazzo, un giardino o un cortile condominiale in solitaria può anche andar bene. I bambini hanno
tanta energia e relegarli in casa, in spazi limitati, proprio ora che anche le
attività extra sono sospese, è frustrante. Diventano nervosi e capricciosi
perché hanno bisogno di muoversi liberamente, possibilmente in spazi aperti. Quei momenti all'aperto restituiranno una parvenza di normalità e ne beneficerà il loro umore. Anche perché con il crollo delle
produzioni industriali e le macchine che non circolano, l’inquinamento è arrivato ai minimi storici.
5.
Si è tutti a
casa quindi si deve cucinare due volte al giorno, magari rimpiangendo le mense
scolastiche che dimezzano gli sforzi culinari. A questo punto, dato che bisogna cucinare, perché non farlo
con i bambini?
I bambini
adorano manipolare e imbrattare oltreché imitare i genitori, che sono il loro
modello per antonomasia. Quindi invitarli a cucinare per loro è il gioco più
bello del mondo, soprattutto perché si fa con i genitori.
Certo,
aspettiamoci qualche faccenda in più da fare per rimettere a posto e tempi un
po’ più lunghi, ma ne varrà la pena.
6.
Leggere insieme è un
altro passatempo oramai desueto, ma che andrebbe rispolverato anziché sostare
ore davanti alla tv. La lettura apre la mente e regala stimoli intellettuali
utili a grandi e piccini.
Si potrebbe
leggere a turno per catturare l’attenzione e condividere.
7.
Giocare ad inventare favole. Si possono prendere due o tre parole chiave su
cui costruire storie. Si possono anche utilizzare tematiche legate all’emergenza
che si sta vivendo per esplorare il
mondo emotivo dei bambini e le loro paure a riguardo.
Infatti tramite
l’utilizzo della fantasia e non parlando in prima persona, i bambini
esterneranno i loro pensieri sulle parole stimolo che hanno ricevuto,
strutturando storie che seguano il loro vissuto.
8.
Per i più
creativi, si possono mettere su veri e propri laboratori d’arte. E anche quando mamma e papà non sono proprio
portati per tutto ciò che è artistico, si può utilizzare la rete con video tutorial che spiegano come fare
qualunque cosa.
In questo caso
la tecnologia aiuta, anche perché è gestita dai grandi.
9.
Far scrivere i bambini,
magari tenendo un diario di questi
giorni così particolari. La scrittura è un’altra espressione per esplorare il
mondo interiore dei bambini e per cogliere come rielaborano gli eventi
quotidiani.
Naturalmente
parliamo di bambini già scolarizzati, ma si può comunque utilizzare il diario
per bambini che ancora non sanno leggere, adoperando i disegni che andranno a descrivere per immagini, le storie che
vivono.
10.
Utilizzare le videochiamate per sentire più vicini
amici e compagni di scuola.
Non è la stessa
cosa, ma almeno potranno scambiarsi idee, notizie sui compiti e sentirsi più
vicini.
11.
Arrivata la
sera si può selezionare un Film adatto a
tutta la famiglia, per concludere la giornata insieme e all’insegna della
normalità.
12.
Inoltre anche lasciarli giocare da soli è un’opzione
che non deve mancare. Infatti l’essere costretti a stare tutti insieme in casa
per tempi lunghi, non vuol dire che si deve riempire per forza freneticamente
il tempo con attività a caso. Lasciare un tempo libero che definisca anche i
propri spazi separati, aiuta a superare meglio il momento.
13.
Per i figli più grandi, che
fanno da soli e che sicuramente vedranno con estrema insofferenza lo stare
rinchiusi in casa, va bene tutto quello che abbiamo detto per i più piccoli,
seppur con delle dovute restrizioni, ma la vera fatica sarà staccarli dai social per fare qualche
attività in famiglia.
Certo la vita
in rete e social avrebbe ragion d’essere come succedaneo delle relazioni vere,
proprio ora che siamo limitati negli incontri de visu, anche se purtroppo vive
di una vita propria indipendentemente dalle emergenze.
Infatti
Coronavirus o no, i giovani vivono la loro vita di relazione sempre mediata da
devices di vario tipo, pur di evitare di esporsi in pieno.
Sicuramente
bisogna vigilare sulla vita social di questi ragazzi, capendo anche che tipo di
informazioni ottengono e spendere sempre più tempo per il dialogo diretto.
Con loro
bisognerebbe rispolverare le carte e
giochi di società, passatempi antichi, ma sempre accattivanti.
E la vita di relazione?
E’ indubbio che ne risente, anche perché, oltre
all’astinenza di occasioni di incontro sociale, vengono meno abitudini
affettive consolidate, come l’abbracciarsi e baciarsi o comunque scambiarsi
gesti affettuosi di vario tipo.
C’è da chiedersi, in senso evolutivo, se questo virus non ci
renderà sempre più asettici e distanti l’uno con l’altro da far cambiare
ulteriormente le nostre abitudini relazionali e affettive.
Speriamo di no.
POSTFAZIONE
Consigli per questo periodo di emergenza, ma validi anche in
una quotidianità più ampia, perché l’attenzione che i figli si meritano deve
essere sempre molto alta.
Ringrazio le mie Anita e Irene. Mi hanno regalato due bellissimi
disegni, che ho utilizzato per le copertine.