Come il ruolo del padre si è modificato nel tempo
MAMMI?
Ci si imbatte sempre più spesso
in una parola, coniata ad hoc per evidenziare come i ruoli genitoriali siano in
mutazione: i MAMMI.
Sicuramente questa definizione
nasce dal presupposto che il compito
dell’accudimento dei bambini è da sempre relegato al ruolo materno: la
mamma educa i figli, sta in casa con loro e li segue nella crescita. Questo è il
nostro retaggio culturale che spiega il perché un uomo venga chiamato “mammo”
se si occupa dei propri figli.
Io penso che sia discriminante una tale affermazione,
perché sembra precludere ai padri la possibilità di accudire i propri figli,
per paura di “femminilizzarsi”.
Spesso le mamme affermano che
hanno dei mariti che li aiutano nella
gestione della prole, ma anche questo è inesatto, perché il padre sta esercitando semplicemente la sua
paternità, non aiutando la mamma nel suo compito esclusivo. Non è un aiuto,
ma sua responsabilità.
Quindi se partiamo da questo
presupposto, la parola “mammo” è alquanto inesatta e confondente.
E poi non dimentichiamoci che una
mamma non smette di essere mamma, solo perché lavora. Non c’è un posto vacante da riempire per un “mammo”, ma ci può
essere un padre che si occupa di accudire i figli, per un tempo più lungo della
giornata.
RUOLI GENITORIALI
Non si tratta tanto di definire i
compiti, quanto di strutturare dei ruoli. Un padre può anche cambiare un
pannolino, fare da mangiare, mettere a letto il proprio figlio, ma non deve confondere il suo ruolo con
quello della mamma. I figli hanno bisogno
di padri e di madri stabili, che sappiano essere lì per loro.
Parlavamo della definizione di
“mammo”, che spesso confonde e non rende merito al ruolo di questi padri. Il
papà-mammo non funziona, perché un padre non
deve essere una cattiva imitazione della mamma, ma i ruoli tra padre e
madre devono mantenere comunque le proprie identità, al di là del tempo che si
può passare con i figli.
La madre ha un ruolo accudente e premuroso, il padre va verso l’esplorazione del mondo e sa osare, cosa che la
madre fatica a fare. Ruoli complementari e stabili, pur nella flessibilità di
azione, che sappiano modularsi in base alle esigenze dei figli.
Quindi un padre che si occupa a
tempo pieno dei figli, mentre la moglie lavora, non deve perdere comunque la
sua peculiarità di padre. Non è una femminilizzazione, ma semplicemente una
ripartizione dei compiti tra genitori che viene fatta non sulla base di un modello precostituito, ma sulle esigenze
lavorative o della coppia.
PADRI CONSAPEVOLI, MODA O NECESSITA’?
Penso che i padri di oggi siano molto più consapevoli e meno deleganti di un
tempo. Si sentono padri che agiscono il loro ruolo e non più spettatori
passivi, ma responsabili a pieno dei loro figli e della loro educazione.
Naturalmente nasce
tutto da come in coppia si vive l’arrivo del nuovo nato e di come si ha la
capacità di condividere i piaceri e gli oneri di tale condizione. E’ indubbio
comunque che anche culturalmente si vada verso una società che sdogana le donne
dal ruolo esclusivo di mamme e apre la strada a nuovi modi di vivere la genitorialità.
Non penso che sia
una moda, ma spesso ci sono situazioni contingenti che spingono verso questa
ripartizione di compiti. Il lavoro perde
sempre di più la caratteristica di stabilità
e catapulta le famiglie, per necessità, verso forme alternative di gestione. La precarietà porta spesso padri a
rimanere senza lavoro o a reinventarsi in lavori alternativi all’interno delle
mura domestiche. In tal caso, diventa più facile essere a disposizione dei
figli.
Ma ciò che spesso
nasce per necessità, si può rivelare anche un’opportunità per questi padri di
scoprire un modo nuovo di vivere la paternità.
UNO SPAZIO PERSONALE POSSIBILE
Penso che una mamma
debba sempre ritagliarsi degli spazi personali, in ogni caso: o che sia una
mamma a tempo pieno o che sia una mamma lavoratrice. Uno spazio personale aiuta
a ritornare in famiglia più carichi e meno frustrati. Infatti è più piacevole
una mamma che si concede uno svago ogni tanto e che ritorna sorridente dai suoi
figli e non una mamma che non si stacca mai da loro, per puro spirito di
abnegazione, e che poi riversa sui figli il suo scontento.
Quindi se la coppia
è in grado di ripartire equamente i compiti e di aiutarsi vicendevolmente,
lasciando spazi personali per entrambi,
tutta la famiglia ne beneficerà.
COME LA METTIAMO CON L’AUTORITA?
Ci rifacciamo a quanto detto in
precedenza: ognuno deve riprendersi il suo ruolo. I padri non devono avere paura di esercitare la loro autorevolezza, perché
creeranno un modello nei figli che non è forte e stabile. I figli hanno bisogno di regole per
sentirsi sicuri e capire qual è la giusta via, e i padri devono loro indicarla,
senza compiacerli e senza timore di deluderli.
Spesso si confonde il dialogo con
le regole. Non sono in antitesi, ma devono coesistere: un papà che dialoga con
i suoi figli è lo stesso che mette dei paletti nel momento in cui crede che sia
giusto farlo.
I padri devono riappropriarsi di
questa autorevolezza per dare sicurezza ai loro figli e diventare quella guida
competente di cui hanno bisogno.